Il Museo Archeologico di Palazzo Almerici, uno dei più antichi delle Marche, si presenterà nel suo allestimento interamente rinnovato. Dalle 17.30 alle 21 visite gratuite su prenotazione per gestire al meglio le presenze
PESARO – Martedì 13 dicembre 2022, alle ore 17.00, il Museo Archeologico Oliveriano apre le porte al pubblico nel nuovo allestimento rinnovato: un momento importante che restituisce a Pesaro Capitale Italiana della Cultura 2024 uno dei suoi luoghi della cultura più significativi. Per gestire al meglio le presenze, sono previste visite gratuite dalle 17.30 alle 21 da prenotare al telefono (0721 33344) o via mail (info@oliveriana.pu.it).
Per le feste di Natale, residenti e turisti potranno quindi contare su un museo – uno dei più antichi delle Marche – che grazie al nuovo assetto promette un’esperienza di visita decisamente coinvolgente. Fino al 31 dicembre (unica chiusura il 25 dicembre), l’Oliveriano sarà aperto da giovedì a domenica e festivi dalle 15.30 alle 18.30; ingresso con card Pesaro Cult (costo 3 euro, validità annuale), gratuito fino a 18 anni. In occasione dell’inaugurazione, mercoledì 14 dicembre ci sarà un’apertura straordinaria dalle 15.30 alle 18.30. Dal mese di gennaio, partiranno poi anche le visite per le scuole, il mattino dal lunedì al venerdì. Curiosità: durante l’apertura del 13 dicembre, la corte di Palazzo Almerici verrà intitolata al pesarese Marco Livio Druso Claudiano (93? a.C. – 42 a.C.), padre di Livia, seconda moglie di Ottaviano Augusto di cui il Museo Oliveriano conserva un busto.
Gestito dalla Fondazione Ente Olivieri, il museo ha sede al piano terreno di Palazzo Almerici, edificio del XVII secolo nel cuore del centro e nasce dal lascito testamentario di Annibale degli Abbati Oliveri (1708-1789) – geniale erudito settecentesco – attraverso cui arriva a Pesaro e ai suoi concittadini il suo ingente patrimonio bibliotecario, documentario e archeologico. Del lascito Olivieri fa parte anche una notevole quantità di reperti donati dall’amico Giovan Battista Passeri (1684-1780), intellettuale eclettico che ha segnato il settecento pesarese.
Il nuovo percorso documenta mille anni di storia del territorio – dal periodo piceno alla tarda età imperiale – e si articola in quattro sezioni espositive, vere e proprie chiavi di narrazione dell’intero corpus delle collezioni: la necropoli picena di Novilara, il lucus pisaurensis (importante luogo di culto connesso alla romanizzazione del territorio, scoperto dallo stesso Olivieri sulla collina di Santa Veneranda), il municipio di Pisaurum e il collezionismo settecentesco. All’interno di queste macro-aree l’esposizione è organizzata in ordine cronologico per singoli argomenti. I quattro temi sono introdotti nella prima sala, in modo che il visitatore possa seguire un filo logico all’interno dei diversi ambienti. Qui è esposta la famosa “stele della battaglia navale”, rinvenuta nel 1866 in circostanze sconosciute sulla collina di San Nicola in Valmanente, tra Pesaro e Novilara. Nella seconda sala si ammirano i reperti provenienti da Novilara, una delle più importanti necropoli dell’Età del Ferro, indagata estensivamente per la prima volta dall’archeologo Edoardo Brizio negli anni 1892-‘93. A questi si sono aggiunti di recente i materiali provenienti dagli scavi condotti nel 2012-‘13 dalla Soprintendenza Archeologia delle Marche in un ampio settore della stessa necropoli: si tratta di alcuni dei corredi funebri provenienti dalle oltre 450 tombe maschili e femminili dei secoli VIII e VII a.C.. L’attenzione è posta sulla narrazione della società del tempo, per quanto ricostruibile tramite la simbologia del rito funebre. Proseguendo in ordine cronologico, l’esposizione dei cippi del Lucus Pisaurensis introduce alla terza sala, interamente dedicata alla Pesaro di età romana. Le più antiche are votive del Lucus testimoniano che già nel III secolo a.C. – prima dunque della fondazione della colonia di Pisaurum (184 a.C.) – persone provenienti dal Lazio si erano insediate sul territorio pesarese. All’interno di una sezione destinata alle divinità viene esposta la celebre epigrafe bilingue (etrusco e latino) di Lucius Cafatius indovino che praticava l’arte degli aruspici. Si prosegue con il racconto degli edifici pubblici della Pisaurum di età imperiale, tramandato dalle testimonianze epigrafiche. Viene poi data voce agli abitanti di Pisaurum, attraverso le epigrafi che ricordano la presenza di sacerdoti e sacerdotesse, maestri, soldati, fabbri, addetti alle lavorazioni navali e molto altro. La sezione si conclude con numerose epigrafi funerarie.
Negli ultimi due ambienti della terza sala trova spazio, infine, il collezionismo settecentesco di Passeri e Olivieri con un esempio per ogni tipologia delle numerose categorie di oggetti che componevano le due collezioni (bronzetti di divinità, lucerne, vasi dipinti, altro). L’insieme degli altri reperti, posto in secondo piano alle spalle di questi elementi, suggerisce l’idea di una wunderkammer particolarmente suggestiva per il visitatore grazie ad un senso della tridimensionalità molto forte.
Intervenire su un museo esistente non è mai semplice; spesso si pensa agli edifici storici come contenitori da riempire successivamente con vetrine, tavoli, supporti per i reperti archeologici. Nel caso dell’Oliveriano, l’obiettivo è stato di creare uno spazio integrato che parli delle collezioni e allo stesso tempo rimandi al vasto territorio di Pesaro. Si è scelto così di lavorare in modo radicale: l’idea guida è stata quella di pensare la ‘scatola’ (lo spazio architettonico) parte del disegno del museo, in modo da creare un ‘ambiente integrato’ e avvolgente dove architettura storica, reperto e supporto interagiscono tra di loro. Ogni sala racconta storie antiche e recenti della città legate ai diversi gruppi di oggetti. Per coinvolgere emotivamente il visitatore si è guardato al linguaggio dell’arte: in questo senso l’allestimento è un omaggio a Jannis Kounellis, grande maestro dell’arte italiana, e alla sua lezione sull’uso poetico del frammento.
Il nuovo Oliveriano dà forma al progetto scientifico proposto ed elaborato da Chiara Delpino (archeologa del Ministero della Cultura) ed è stato curato e finanziato dal Comune di Pesaro con un importo totale di 1.225.469 euro – di cui 229.635 per il risanamento del museo e 995.834 euro per i 4 stralci dell’allestimento permanente – e dal Ministero della Cultura che attraverso il Segretariato Regionale delle Marche ha destinato ai lavori di riallestimento 150.000 euro. Anche la Provincia di Pesaro e Urbino ha fornito un contributo di 31.365 euro. Un ulteriore finanziamento di 100.000 CHF è stato concesso dall’Ufficio Cultura del Governo Svizzero per il progetto di restauro dei corredi della Necropoli di Novilara, elaborato dai funzionari della Soprintendenza delle Marche (Fabio Milazzo e Chiara Delpino). La Fondazione Scavolini ha sostenuto il restauro di 5 corredi funerari della Necropoli. Per il Comune di Pesaro, i lavori sono stati coordinati dall’ingegnere Maria Cristina Rossi/Servizio Opere Pubbliche. Il progetto museografico è firmato da STARTT (studio di architettura e trasformazioni territoriali) fondato da Simone Capra, Claudio Castaldo e Dario Scaravelli. I restauri sono a cura di: Mirco Zaccaria, Renaud Bernadette, Federica Russo, Giorgia Gili, Cristiana Giabbani, Laura Petrucci. Imprese esecutrici: Mancinelli Allestimenti/Pesaro per la realizzazione dell’allestimento, Dago/Pesaro e Fano per gli impianti, Montenovi/Roma per la movimentazione delle opere d’arte, Gambini Restauri/Pesaro per le opere edili, DL Impianti/Longiano (FC) per la sicurezza, ing. Andrea Cardinali/progetto impianto elettrico. Testi: Chiara Delpino, Valeria Valchera, Oscar Mei. Grafica: Giorgio Donini con Silvia Borghetto, Katia Fornaroli, Michele Marchionni.
Storia di un museo
Museo e Biblioteca Oliveriani hanno una prima sistemazione a Palazzo Olivieri, inaugurata il 2 maggio 1793; mancano però le epigrafi del Passeri e le collezioni epigrafiche di origine municipale e ducale, allora esposte in altri luoghi della città. Solo nel 1885 – in occasione del trasferimento nell’attuale sede di Palazzo Almerici – vengono finalmente riunite in un solo luogo tutte le raccolte, cui si aggiungono nel tempo reperti di privati. A queste collezioni che costituiscono il “fondo antico” del museo, si sono affiancati materiali archeologici di proprietà statale provenienti dagli scavi archeologici condotti nel pesarese dalla Soprintendenza delle Marche; tra di essi i più rilevanti, i corredi della necropoli dell’età del Ferro di Novilara. Nel corso del XX secolo l’esposizione museale subisce numerose traversie tra cui si possono ricordare il terremoto del 1916 che danneggiò le sale espositive e i trasferimenti affrettati durante il secondo conflitto mondiale per portare i reperti verso luoghi più sicuri. Nel 1928, la decisione di chiudere il museo al pubblico e di smontarlo per consentire alcuni interventi urgenti di restauro determina ulteriori danni. L’Oliveriano riapre al pubblico solo nel 1967, senza un vero criterio allestitivo scientifico né un apparato didattico.