Se come azienda in crisi si ottiene un accordo per ristrutturare i debiti con i fornitori, il conseguente utile che deriva dalla riduzione delle passività non concorre alla formazione della base imponibile, né per l’Ires (imposta sul reddito delle società) e nemmeno per l’Irap (imposta regionale sulle attività produttive). E’ l’importante risultato a cui è giunta una grande società per azioni delle Marche grazie a un interpello all’Agenzia delle Entrate di Claudio Fusco (foto), commercialista consulente della ditta marchigiana.
L’Agenzia delle Entrate delle Marche ha, infatti, precisato che “la sopravvenienza attiva derivante dalla decurtazione dei debiti, prevista da un accordo di ristrutturazione (articolo 182-bis del Rd 267/42), non concorre alla formazione della base imponibile del tributo regionale della società di capitali, né di quella di persone o dell’imprenditore individuale, in contabilità ordinaria, che ha esercitato l’opzione di cui all’articolo 5-bis comma 2 del Dlgs. 446/97”. Fusco spiega come funziona la procedura, prevista nella legge fallimentare: “Prima del concordato o, peggio, del fallimento, per le aziende c’è la possibilità di ridefinire la passività con i creditori o le banche, proprio come avviene nel concordato ma senza finirci pur se spetta sempre al Tribunale il controllo e l’omologa degli accordi, che devono essere raggiunti con almeno il 60% dei creditori”.
Mentre fino a ieri la norma era chiara per l’Ires, non lo era altrettanto per l’Irap. Il professionista pescarese ha chiesto di applicare – prima volta in Italia – il principio di correlazione, secondo cui “i componenti positivi e negativi classificabili in voci del conto economico diverse da quelle indicate al comma 1 concorrono alla formazione della base imponibile se correlati a componenti rilevanti della base imponibile di periodi d’imposta precedenti o successivi”. In altri termini, il principio di correlazione non è invocabile qualora i componenti reddituali derivino dalla rettifica di un credito o debito conseguente a una rinuncia a parte del proprio diritto – come nel caso dell’accordo di ristrutturazione delle passività – riguardante l’aspetto meramente finanziario della capacità ad adempiere all’obbligazione.
In virtù di tali considerazioni, l’Agenzia delle Entrate ha, quindi, ritenuto legittima l’esclusione dal campo di applicazione dell’Irap sull’utile da ristrutturazione, per effetto, appunto, dell’inapplicabilità del principio di correlazione di cui all’articolo 5 comma 4 del Dlgs 446/97. Una bella soddisfazione per il professionista pescarese che attraverso l’interpello, oltre ad aver contribuito a fare diritto, giurisprudenza, sull’importante materia fiscale, ha fatto pure risparmiare tanti denari al suo cliente in crisi.
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