Antonello Fassari nella serie I Cesaroni ha interpretato il personaggio di Cesare, un uomo semplice che non trova espressione migliore per manifestare il suo sdegno se non quella di ‘Che amarezza’.
«‘Che amarezza’ – spiega Antonello Fassari – è un’espressione usata da Cesare Cesaroni ed è un pretesto per raccontare in vari quadri da dove vengo, dove sto e dove andrò, perché ‘Che amarezza’ è un concetto filosofico, sopraggiunge quando non ci sono più parole, quando tutto è perduto e rimane il dispiacere di non poter aggiungere altro».
Cesare è un eroe comico in un mondo tragico. Appartiene al tempo, come l’amarezza fa parte di tutti noi. D’altronde l’amaritia, termine nato nel periodo tardo latino, è un ingrediente ormai alla base di ogni pasto quotidiano.
Nel tentativo di indagare i motivi che rendono l’uomo contemporaneo così amareggiato è nato uno spettacolo che lascia allo spettatore come unica via di fuga per sfuggire ai dispiaceri della vita quella di sorriderci su.
Un viaggio personalissimo a tappe: dal mito di Sisifo, forse primo esemplare maschio di amara condizione umana, proseguendo con la nuova nomenclatura delle divinità dell’Olimpo (le multinazionali) e le nuove figure mitologiche (l’algoritmo), non senza passare attraverso le più banali quotidianità che ci amareggiano l’esistenza, ridendo delle nostre disgrazie e delle nostre prese di coscienza; perché forse l’unica possibilità che ci rimane è rifugiarsi in quel mondo di finzione a cui appartiene Cesare, cintura nera di amarezza, ma portatore sano di una filosofia di vita degna del migliore discendente della stirpe di Sisifo.
Biglietti in vendita sui circuiti abituali.
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