CAMERINO – Nel 130esimo anniversario della nascita, la città di Camerino celebra l’illustre concittadino Ugo Betti (Camerino 1892 – Roma 1953), poeta, scrittore e giudice, definito “dopo Pirandello, il più intenso e profondo drammaturgo italiano della prima metà del Novecento”.
Grazie al contributo della Città di Camerino e con il patrocinio dell’Università di Camerino, in collaborazione con la Fondazione Pergolesi Spontini, mercoledì 30 novembre ore 21.15 all’Auditorium Benedetto XIII di Camerino va in scena l’opera “Delitto all’isola delle capre” tratto dal dramma omonimo dell’autore marchigiano, su musiche di Marco Taralli e libretto di Emilio Jona.
Successivamente l’opera lirica “Delitto all’isola delle capre” sarà rappresentata a Savona.
L’opera e la figura dello scrittore marchigiano è inoltre al centro di un percorso di approfondimento in tre tappe, tra Jesi e Camerino, realizzato dalla Fondazione Pergolesi Spontini, nell’ambito del progetto “Essere Spettatore”, a cura di Pierfrancesco Giannangeli, con il patrocinio e alla compartecipazione del Consiglio Regionale delle Marche.
IL 29 novembre, alle ore 18 (Camerino, Sala Consiliare): “VI ERA UN FORESTIERO…” a cura di Pierfrancesco Giannangeli, docente, giornalista e consulente della Fondazione Pergolesi Spontini per la formazione del pubblico. L’incontro è ad ingresso gratuito.
L’incontro si è anche tenuto anche a Jesi, lo scorso 10 novembre nelle Sale Pergolesiane; mentre il 17 novembre sempre a Jesi, nel Circolo Cittadino una Lezione Performance: “Corruzione al palazzo di giustizia” di U. Betti con Pierfrancesco Giannangeli e la Compagnia Piccola Ribalta (regia di Antonio Sterpi) con cena inclusa. “Corruzione al palazzo di giustizia” è uno fra i testi più significativi del teatro italiano contemporaneo, ed è ritenuto il capolavoro di Ugo Betti che lo scrisse nel 1944; fu rappresentato nel 1949, per la prima volta, al Teatro delle Arti in Roma.
Per l’opera “Delitto all’Isola delle capre”, la direzione è affidata a Marco Attura sul podio del Time Machine Ensemble, la regia è di Matteo Mazzoni.
Scene e costumi sono firmate da Josephin Capozzi, vincitrice della II edizione del Concorso dedicato a Josef Svoboda “Progettazione di Allestimento scene e costumi di Teatro Musicale” riservato a iscritti e/o neodiplomati al Biennio di Specializzazione in Scenografia delle Accademie di Belle Arti di Macerata, Bologna e Venezia. Il concorso è una nuova modalità per valorizzare giovani creativi che possono vedere realizzato il proprio progetto scenico e hanno la possibilità di valorizzare il proprio curriculum collaborando con registi professionisti. Le luci sono di Marco Scattolini.
Il mezzosoprano Sofia Janelidze canta Agata, il soprano Yuliya Tkachenko è la figlia Silvia, il soprano Federica Vinci è la cognata Pia, Andrea Silvestrelli interpreta Angelo, Edoardo è Alessandro Fiocchetti.
“Delitto all’isola delle capre” è stato scritto nel 1948 da Ugo Betti ed è stato rappresentato per la prima volta a Roma nel 1950. Le vicende di questo dramma sono antiche e insieme della contemporaneità, perché sempre un uomo parte per una guerra o abbandona gli affetti famigliari per altre avventure, lasciando sole delle donne con i loro conflitti e desideri, e sempre degli estranei entrano in quelle solitudini e portano allo scoperto sentimenti oscuri e contrasti e provocano esiti infelici o letali.
Proprio questi sono i temi messi in gioco dal dramma di Betti. Ci sono tre donne che da una città conformista erano passate a vivere una vita alternativa in un’isola, in una natura inaridita dal vento e dalla presenza delle capre, ma si tratta di un’esperienza fallita: sono Agata una donna vedova, bella, dura e un po’sfiorita, sua figlia Silvia, una giovinetta aggraziata e la cognata Pia una quarantenne piacente. Sono sole e non felici, perché Enrico, il marito di Agata, prima le ha abbandonate, e poi è finito in guerra ed è morto prigioniero in un paese africano. Le tre donne stanno in una casa in rovina, con un pozzo al centro e una persiana irraggiungibile al primo piano che sbatte al vento, vivono gestendo, senza più un pastore, un gregge di capre. In questo gineceo, irrompe dopo alcuni anni, un uomo dal nome angelico, uno straniero, un emigrante, giovane e bello che dichiara di aver vissuto a lungo in prigionia con Enrico, di aver assistito alla sua morte, di essere depositario delle sue confidenze e della sua volontà che Angelo raggiunga l ’isola delle capre e si occupi delle tre donne che lui ha abbandonato. Angelo entrerà così con astuta prepotenza nel loro mondo, mettendo in mostra e utilizzando tutte le armi del suo carattere vivace, affettivo, sbruffone, profittatore, possessivo, sensuale e infine dominatore. Egli scatenerà quindi tutti i desideri, i pensieri segreti e i conflitti, e soprattutto la sessualità e la sensualità sino ad ora tenute a bada e represse, delle tre donne mettendoli a nudo e portando il tutto sino al punto di rottura e al suo esito più estremo.
In questa vicenda ha una presenza singolare il pozzo che sta al centro della casa, deposito fresco di pelli di capra e di vino, perché è attorno ad esso, luogo reale e fortemente simbolico, che si agitano i sentimenti e le storie dei quattro protagonisti. Si tratta, come dichiara il titolo, di un giallo; perciò, è giusto non raccontare la fine e chi tra loro e come sarà ucciso. Ma è solo l ’apparenza perché il tema vero del dramma è tutt’altro: è il percorso e l ’intreccio delle passioni eterne degli umani.
INFO: Fondazione Pergolesi Spontini, www.fondazionepergolesispontini.com
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