E’ nata, infatti, all’interno dei laboratori Unicam, in particolare dal gruppo di ricerca coordinato dal prof. Giacomo Rossi, medico veterinario della Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria dell’Ateneo camerte, una terapia che potrebbe aprire incoraggianti scenari alla cura del Coronavirus. Il prof. Rossi sta conducendo uno studio sul Coronavirus del gatto, FeCoV, nel quale da molti anni si verifica una patologia molto grave, per lo più ad esito mortale, di cui non esiste un protocollo terapeutico o un vaccino efficace/protettivo.
Studiando i siti recettoriali ed il modo con il quale i coronavirus si legano alle cellule dell’ospite, il gruppo di ricerca si è accorto di una particolarità di Covid-19: il virus presenta un numero maggiore di legami con i siti di glicosilazione del recettore ACE2 cellulare (il recettore che Covid-19 utilizza per entrare nelle cellule del polmone, dell’apparato digerente e del tratto genito-urinario dell’uomo).
“I siti di glicosilazione – afferma il prof. Rossi – sono delle aree in cui delle molecole di zucchero semplice si legano ad una proteina ancorata sulla membrana cellulare. In particolare, ho notato che tutti questi siti di glicosilazione sono costantemente legati all’ultimo amminoacido della proteina di membrana, che è l’aminoacido Asparagina. Da qui l’idea di utilizzare un vecchio farmaco, ben noto presso gli oncologi che lo usano nella terapia della leucemia acuta dei bambini, la L-Asparaginasi, che è un enzima che eliminando l’aminoacido Asparagina “taglia” di fatto il legame dello spike virale con il suo specifico recettore cellulare, bloccando di fatto l’infezione.
Questo farmaco, unito alla già nota Clorochina che funziona bloccando l’ingresso del virus nella cellula tramite un altro meccanismo alterante il pH delle vescicole che trasportano il virus al proprio interno, e all’Eparina, che previene il danno acuto vascolare indotto dalla tempesta dell’infiammazione causata dal virus, e quindi la trombosi secondaria, copre in maniera completa infezione ed effetti dell’infezione sull’uomo”.
E poiché la scienza non conosce muri e steccati ma solo ponti e collaborazioni, grazie all’interessamento di un medico marchigiano, lo studio in brevissimo tempo viene analizzato dal noto imprenditore e scienziato Francesco Bellini, laureato ad honorem Unicam, cofondatore della società canadese Biochem Pharma e presidente, tra le altre, della ViroChem Pharma, nonché membro del Consiglio di amministrazione di Montreal Heart Institute Foundation e Canada Science Technology & Innovation Council.
Dopo un attento studio ed analisi è nato il brevetto che, in tre giorni, è stato depositato negli USA (Washington DC) e che già è in fase di valutazione in vari nosocomi statunitensi e canadesi per una rapida applicazione.
“Chiaramente è presto per poter dire se questa cura sarà efficace – ha dichiarato il Rettore Unicam Claudio Pettinari – ma ancora una volta sono ad esprimere grande soddisfazione, a nome dell’intera comunità universitaria, per questo ulteriore successo che conferma l’eccellenza della qualità della ricerca scientifica dell’Università di Camerino, riconosciuta anche a livello internazionale. In questa occasione la soddisfazione è ancora più grande perché abbiamo messo in campo le competenze dei nostri ricercatori per trovare soluzioni che siano a beneficio della salute pubblica mondiale. Mi complimento con il prof. Rossi, di cui apprezzo le ottime capacità di ricercatore e divulgatore.
Come definito anche nel Piano Strategico di Ateneo 2018-2023, Unicam conferma l’intenzione di sostenere e sviluppare le attività dei gruppi di ricerca che operano nelle cinque Scuole di Ateneo, affinché riescano non solo ad inserirsi con più facilità nei programmi di finanziamento europei ed internazionali, ma perché producano innovazione da trasferire al mondo delle imprese e delle professioni. In questo caso la sinergia pubblico-privato ha dato subito eccellenti risultati ed ora attendiamo tutti fiduciosi l’esito della sperimentazione”.
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