“Come avevamo concordato con il Consorzio – spiega Casini – abbiamo prima attivato i canali necessari al Ministero dell’Agricoltura per avere il massimo sostegno e una fattiva collaborazione e poi abbiamo fissato l’appuntamento a Bruxelles. Con la Commissione Europea abbiamo approfondito la questione in modo da poter poi inviare le integrazioni necessarie a soddisfare i criteri richiesti. Abbiamo trovato una buona disponibilità e l’auspicio è che l’iter possa finalmente concludersi”.
L’olio d’oliva è storicamente uno dei prodotti che più caratterizzano le Marche. La sua reputazione è antichissima come documentano numerose fonti che attestano la notorietà dell’olio marchigiano già in epoca romana. I primi reperti di contenitori “dolii” risalgono al VIII secolo a.c.n. ed è dell’VIII secolo il primo impianto olivicolo nell’abbazia di Santa Apollinare a Monteroberto di Jesi. Nel XIII secolo la qualità dell’olio delle Marche era tale che gli veniva riconosciuto un prezzo più elevato rispetto agli oli di altre regioni e addirittura, a Venezia, era stato emanato un esplicito divieto di mescolarlo con oli di diversa provenienza. Giacomo Leopardi nel 1828 parla dell’olio della Marca “famoso anche fuori regione”.
“Una reputazione eccellente – prosegue Casini – di cui l’olio marchigiano gode ancora oggi come dimostrano i numerosi riconoscimenti ottenuti in competizioni nazionali e internazionali dalle aziende marchigiane in questi anni. Ribadisco dunque l’importanza di tutelare e rafforzare l’immagine di una regione olivicola con una importante e antica tradizione olearia sia nell’ambito delle coltivazioni che per lo stretto legame che i nostri prodotti tipici di eccellenza hanno con il settore dell’enogastromia e dell’agriturismo. Continueremo a lavorare per questo”.
In controtendenza rispetto ad altre colture, la coltura dell’olio di olivo nelle Marche ha conosciuto negli ultimi 30 anni una espansione passando dai circa 6.500 ettari dei primi anni ’80 ai 9.532 ettari del 2010 (rapporto 2012 dell’Osservatorio agroalimentare delle Marche INEA – dati Istat). Di questi circa 1.000 ettari sono costituiti da coltivazioni biologiche o in conversione a dimostrazione di come la coltivazione dell’olivo ben si appresti all’adozione di tecniche ecocompatibili. Anche la tecnologia di estrazione ha nelle Marche una antica tradizione. Da un censimento risultano attualmente operativi 165 frantoi nella regione. In pratica in ogni Comune dove è presente l’olivicoltura è assicurato un servizio di spremitura delle olive data la capillare distribuzione degli impianti. La disponibilità di moderne tecnologie è dovuta anche alla presenza, nelle Marche, dell’azienda leader a livello mondiale nel settore della produzione di macchinari per l’industria olearia.
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