Expo 2015, a Milano le storie degli imprenditori che hanno fatto l’eccellenza delle Marche

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Testimonial Marche ExpoMILANO – Traghettare le Marche verso il futuro, partendo dalla storia delle piccole e medie imprese che hanno fatto l’eccellenza della regione, senza cadere nella retorica del “piccolo è bello”, perché la dimensione produttiva è oggi fondamentale per reggere la globalizzazione del mercato. È stato il filo conduttore dell’incontro che si è svolto, a Milano, nell’auditorium del Padiglione Italia, nell’ambito delle iniziative organizzate dalle Marche.

Un talk show condotto dal giornalista Maurizio Socci che ha riunito, attorno allo stesso tavolo, alcuni dei testimonial delle Marche, moderati da Gianluca Gregori (prorettore Università Politecnica delle Marche) e dal sociologo Aldo Bonomi. Si è parlato della storia delle imprese, ma soprattutto degli uomini e delle donne che hanno fatto “l’eccellenza delle Marche, perché qui le attività produttive si tramandano di generazione in generazione, da padre a figlio. Un legame forte che trova nel territorio le sue radici più profonde e i suoi legami più veri”. Vittorio Pennazzi (pasta), Moreno Cedroni (chef), Vittorio Beltrami (formaggi), Michele Bernetti (vino), Roberta Fileni (carni), Orietta Varnelli (distillati), Vincenzo Spinosi (pasta) hanno riportato le proprie esperienze e le proprie convinzioni sulla singolarità di una regione al plurale.

“Il modello produttivo è cambiato, ma il rapporto con il territorio è l’unico fattore produttivo che non si può delocalizzare – ha detto Gregori – È la forza della nostra regione. Siamo primi in Italia per il rapporto imprese (153mila) e abitanti, per l’incidenza degli artigiani (31%). Le multinazionali stanno lasciando le Marche, occorre lavorare sulle imprese locali”. Sapendo, però, che il piccolo non sempre è bello, non sempre regge gli urti della globalizzazione. Dobbiamo, allora, parlare di reti, ha rimarcato Bonomi, “perché la forza delle Marche deve essere tutto il territorio, non la singola eccellenza. La storia serve a capire il futuro. La strada da percorrere è quella delle reti corte di filiera produttiva, legate alle tradizioni e al territorio, ma lunghe di commercializzazione e di rappresentanza per competere sul mercato globale”.