Vestito di bianco luminoso il prato saluta i risvegli di fine gennaio gelando sulle macchine e sui cigli. Il sole invece rosso infuocato sorge sul mare calmo e dipinge il cielo di toni pastelli sfumati che dall’azzurro passano al rosa incantato, al celeste all’indaco al violetto.
I gabbiani volano per brevi tratti, gli aironi, i segni di ali tese scure nella distesa infinita che celebrano la bellezza serena di nuovo giorno.
È un paesaggio montano, freddo quello che abbraccia le prime ore del mattino, che diffonde sapore e odore di neve, di bianco candido e gelo, che lascia spazio alla fantasia fino le Alpi.
L’inverno che ricopre di nebbia e contorna smussando gli angoli delle case, delle strade, dei tetti si alterna alla limpidezza totale e sotto lo zero. Ci porta dal disorientamento, dalla richiesta di fiducia piena per andare e muoverci fino ad una opposta nitida percezione che ci chiede cautela per i gradi scesi, per non raffreddarci a riva passeggiando vicino l’andirivieni dell’amato mare o sulle vie del centro nudo nelle ultime ore del giorno.
I tramonti poi acclamano la meraviglia dello stupore, ci rendono spettatori nel vedere scendere la sera coprire gli ultimi bagliori. Dalle colline le luci s’ergono sempre più fitte, punte di aghi che brillano nel vasto buio e danno notizia dell’arrivo della notte, del tornare a casa.
Un nuovo inizio presto arriverà e nel frattempo abbiamo trascorso una altra piccola storia che l’inverno con le sue richieste ci ha donato, convergendo la nostra attenzione su attimi, sguardi, fatti ed eventi che prendono ad ardere come legna al fuoco.
Monica Baldini