E come può essere tornare a Roma in un caldo indisciplinato Giugno, carico di emotività turbata dalla situazione mondiale?
E come è stato?
È stato diverso, diverso vedere sfrecciare i monopattini su via Nazionale, scendere per i Fori e su Via del Corso, appoggiati nelle vie in attesa di prestiti. È stato diverso accorgersi che Roma non fosse più gremita di turisti come anni fa, perchè così mi sentivo alcuni giorni fa, nonostante fossi stata una pendolare, ci avessi studiato e l’avessi camminata per ore in cerca di conoscerla sempre più: una vera turista.
Roma ha cambiato volto? Forse sì ma resta indistintamente penetrante nella sua bellezza, nella sua anima formata non solo nelle immagini di bus carichi che scaricano a Termini e ripartono, di una stazione che pullula, di gente che scorre per le strade in auto o a piedi, ma che si compone della sua storia, dei monumenti, della sua parlata, dei suoi cibi, di quella musica che trattiene e sprigiona e che piena, dolce e combattiva s’avverte nell’esserci.
Una verità che ho sperimentato e prima letto in vagone, nel libro di Mercedes Viola, “Racconti ad arte – 14 incursioni in studi d’artista”: Noi sentiamo la città e loro sentono noi, e quando il sentire è corrisposto loro sono felici di portare addosso i nostri passi e ci aprono le loro porte.”
Roma nell’accogliermi l’ho sentita la stessa, avvolgente, calorosa e di nuovo m’ha donato momenti viandanti e variopinti, di quelli che tingono il sorriso di stimoli. L’ho girata in lungo e in largo senza sosta, senza sprecare alcun attimo.
E io in rapporto a Roma, invece mi chiedevo, come sarei stata? Anche io diversa. Maturata da esperienza varia che m’ha tenuto lontana.
Un pò l’effetto di un lavoro costante di apprendimento che subiamo e potenziamo, potremmo dire, di quel lavoro di fino che viviamo e che dinanzi ritorni, ci misura.
Sì, sei bella Roma, come sempre e di più e io sono stata felice di averti incontrato di nuovo con un’ottica altra che poi sarà superata per la prossima.
Un punto di vista per cui non si tratta di guardare con più attenzione ma sentire che nel trascorrere tempo e spaziare, la sensibilità si è affinata, è mutata come un essere che si evolve e scopre, annusa, guarda, sperimenta. È amare il tornare, diffondere la gioia con chi ti è stato accanto nel lavoro, nelle cene e sperare di ripassare ancora e ancora.
Roma è quello snodo dove come per effetto di gravità si giunge, si studia, si attecchisce e poi con un rimbalzo si va, ma non è mai un addio, almeno nel cuore.
È un richiamo per tanti, un magnete, un viaggio esteriore che s’interiorizza.
Si passa spesso per Roma e Roma allo stesso modo transita nelle nostre vite in giochi di intrecci e intersezioni, nei ricordi e nei racconti.