Il primo è il 28 agosto, alle ore 21,30, “Prima d’ogni altro amore” – Callas Pasolini di Sergio Casesi, regia di Alberto Oliva. In scena Gea Rambelli e Stefano Tosoni per ricordare il centenario di due figure importanti della cultura italiana: Pier Paolo Pasolini e Maria Callas.
Il drammaturgo ha dato vita a una messa in scena di grande intensità dove l’incontro tra il reale e ideale si fondono nei dialoghi tra la Callas e Pasolini. I suoi lavori teatrali e di musica sono stati pluripremiati dalla critica, ma lo scrittore e regista ha raccolto il plauso del pubblico in diversi teatri italiani.
I due protagonisti sono costretti a rimanere distanti, perciò, decidono di inviarsi delle lettere e di telefonarsi e lasciare dei messaggi in segreteria. Entrambi mostrano qualcosa di più di sé ogni volta che si cercano. Il dialogo tra i due protagonisti scivola fino alla confessione, mentre la parola diventa rifugio e salvezza.
Le conversazioni arrivano a sublimare la parola come rifugio e salvezza dalla realtà. Ma, nella magia dell’amicizia e dell’affetto, affiora il tema del mito di Medea che inconsciamente rende viva la relazione. E così dal dialogo a distanza si passa all’incontro vero e proprio che può svolgersi solo nel sogno, nell’indicibile, nell’inconscio, nella pura forza vitale e creatività dei due protagonisti. Infatti, Maria-Medea, innamorata e delusa, fuori dalla propria patria, è capace di infiammare il cuore dell’intero mondo con il suo canto e a dare voce alle emozioni di centinaia di donne che interpreta simbolicamente sulla scena. Medea non può fare nulla contro la privazione d’amore nonostante sia straniera agli affetti più importanti. Mentre Pasolini-Giasone, eroe del vello d’oro, della poesia e in generale della volontà creativa, è invece scopritore del mondo, attraverso l’arte che illuminato ogni angolo luminoso o buio dell’uomo o del mondo.
Pasolini, antitetico a Maria, vive di un amore incondizionato verso lo “sconosciuto”, l’imponderato, verso il “male come verso il bene”, quando si muove poeticamente nel mondo per far sì che diventi parte di esso. Infatti, il poeta cerca di sconfiggere ogni paura e solitudine, ogni distanza ed ogni separazione. Ma il sogno ha termine e i due si ritrovano uno accanto all’altro, in un tempo sospeso che è la nostra relazione con due giganti del Novecento. “E qui, in un percorso di pacificazione con la vita, nel superamento del male di vivere che ha modellato le due esistenze reali, vi è il lascito forse più grande per noi. Oltre il loro tempo, oltre quel tempo, vi è la loro relazione e la nostra con la loro, in un per sempre possibile, attraverso la magia dell’arte e del teatro”, ha chiarito Casesi.
Lunedì 29 agosto, alle ore 21.30, “Far finta di essere Sani” di Giorgio Gaber e Sandro Luporini adattamento e regia: Emilio Russo, con Andrea Mirò, Enrico Ballardini e i Musica da Ripostiglio, costumi: Pamela Aicardi, luci: Andrea Violato, produzione: Tieffe Teatro Milano/ Viola. Il progetto è stato sostenuto da Next – Laboratorio delle Idee spettacolo vincitore del Premio Franco Enriquez 2022. In “Far finta di essere sani” segue il filo rosso di canzoni e monologhi in cui la tematica dell’incertezza è forte. La quale crea una possibilità di creare qualcosa di nuova anche oggi. Infatti, sono passati quasi cinquant’anni, e ci stupisce e ci rincuora il fatto che Gaber sia riuscito ad anticipare i tempi. A scrivere la storia prim’ancora che questa fosse presente: terribilmente d’attualità, del resto lui era capace di raccontare la realtà come pochi al mondo, ma – allo stesso tempo – di andare oltre.
Pare che l’uomo attraversi una fase un po’ schizoide dove a volte il proprio corpo è assai distante da certi slanci ideali. Benché l’analisi sociologica e politica si allarghi all’ironia, ci induce a pensare che sia possibile conoscere la realtà dei grandi temi sociali ed esistenziali, partendo da se stessi. Tuttavia,
Gaber e Luporini tentano di sottolineare l’incapacità di far convergere gli ideali con il vivere quotidiano, il personale con il politico. “Il “signor G” vive – ha detto Emilio Russo -, nello stesso momento, la voglia di essere una cosa e l’impossibilità di esserla. É forte, molto forte lo slancio utopistico”.
Invece, il 30 agosto, serata conclusiva del premio, si incomincerà, alle 18,30 al Belvedere di Sirolo con la presentazione del volume La Locandiera nella messa in scena di Franco Enriquez, a cura di Pietro Corvi, che sarà introdotto dal prof. Andrea Bisicchia. Al termine della serata, premiazione ufficiale con l’assegnazione del prestigioso riconoscimento Franco Enriquez a: Carmelo Bene alla memoria nel ventennale della scomparsa, Paolo Graziosi alla memoria, Sergio Casesi premio per la drammaturgia, Massimo Dapporto alla carriera, Elena Lietti miglior attrice, Giuseppe Argirò alla regia, Rino Bizzarro per la direzione artistica di Puglia teatro, Matteo Belli miglior attore e mimo, Francesco Scarabicchi sezione poesia e letteratura, miglior opera letteraria la sua raccolta postuma “La figlia che non piange”, Enrico Ballardini, Andrea Mirò, Emilio Russo miglior interpreti e miglior regia teatro canzone per lo spettacolo di Giorgio Gaber e Sandro Luporini “Far finta di essere sani” proposta del Teatro Menotti di Milano, CSS Teatro Stabile del FVG miglior programmazione teatrale, Filippo Nigro e Fabrizio Arcuri miglior attore e regia per lo spettacolo “Le cose per cui vale la pena di vivere”, Daniele Biacchessi, Massimo Priviero, Marino Severini per l’impegno civile attraverso un percorso della memoria in prosa e in musica, Lorenzo Sant’Angelo per la migliore proposta d’autore con il Brano L’arancio.
Informazioni Centro Studi Franco Enriquez (enriquezlab.org)
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